...Stella frequenta il
corso delle 150 ore nella scuola pubblica per stranieri di via
Bologna, è addirittuta commovente seguirla nell’aula durante una
lezione, constatare la fatica con cui tutti i frequentatori e le
frequentatrici si applicano per imparare a scrivere in Italiano, a
partire dalla propria lingua che per di più non appartiene allo
stesso ceppo dell’Italiano. Sono tutti di paesi diversi, persino
dall’Egitto uno che vorrebbe prendere lui in mano la mia
video-camera e, rifiutandomi io, si mette a darmi ordini perentori su
chi devo filmare ponendosi lui in primo piano. L’insegnante Maria
Miglio, che è anche la responsabile della scuola, ha previsto di
dedicare la propria lezione di due ore alle parole italiane che si
usano per indicare quello di cui si ha bisogno, a seconda degli
articoli della spesa, allorchè si va a far le compere. L’interesse
degli studenti è al massimo, perchè tutti si sentono toccati
dall’argomento proposto e ne avvertono l’utilità pratica. E
allora eccoli tutti chini sui fogli grandi in cui devono scrivere i
nomi italiani dei differenti prodotti della spesa. Lo sforzo di
ognuno è palese e appunto commuove, non trattandosi più di allievi
bambini, ma adulti che conoscono e affrontano le difficoltà della
vita.
Mary invece porta
all’asilo ogni giorno la sua bambina di quattro anni, lei lavora in
una fabbrichetta in periferia collegata alla Fiat, che
momentanemamente ha sospeso il lavoro, ma ha ora sofferto prima di
tutto il problema della casa; le assistenti sociali non gliene hanno
assegnata una perchè risulta proprietaria di un’auto, ma in realtà
l’auto è vecchia, non vale niente, ha dieci anni di vita, obbietta
lei...
Stella fa la
parrucchiera in casa sua ma ha difficoltà a farsi filmare mentre
esercita questo lavoro, perchè non è un lavoro regolare, lei non è
in regola col pagamento delle tasse... Lei vorrebbe aprire un negozio
di parrucchiera, un salone di bellezza, e forse è questo un suo
sogno... ma non ha soldi, occorrono soldi; le piacerebbe anche aprire
una tabaccheria, al suo paese è facile aprirne una, ma non in
Italia, le spiegano... Anche un bar le piacerebbe avere, in Nigeria
ce ne sono tanti, ma questo in Italia è ancora più difficile, le
obbiettano gli specialisti che son venuti a Tampep per spiegare la
situazione dei permessi che occorrono a chi vuole avviare un
esercizio, un’attività...
In queste donne
spicca la loro mancanza di contatti reali con il paese Italia, non
hanno amici al di fuori di chi è loro connazionale, non capita loro
mai di stare davvero con le Italiane, gli Italiani di origine,
abitanti di Torino...
Collette la
mediatrice culturale, Mary, Stella, Vivien nigeriane e la brasiliana
che è la sola che non ha nome da altra lingua, ma non capisco bene
dal nome che mi ha scritto come si chiami... Lei è la sola che sino
ad oggi mi abbia parlato della sua città d’origine, Bahia, e del
suo desiderio di un tempo di diventare attrice di teatro, quando era
ragazza... Stando alle poche parole che vogliono-possono pronunciare
ora, le giovani donne nigeriane paiono a me in questo momento come
senza passato, senza soprattutto quei sogni che accompagnavano il
loro passato, è indubbio che li avevano, ma loro non possono, non
vogliono parlarne...
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