venerdì 17 luglio 2015


...Stella frequenta il corso delle 150 ore nella scuola pubblica per stranieri di via Bologna, è addirittuta commovente seguirla nell’aula durante una lezione, constatare la fatica con cui tutti i frequentatori e le frequentatrici si applicano per imparare a scrivere in Italiano, a partire dalla propria lingua che per di più non appartiene allo stesso ceppo dell’Italiano. Sono tutti di paesi diversi, persino dall’Egitto uno che vorrebbe prendere lui in mano la mia video-camera e, rifiutandomi io, si mette a darmi ordini perentori su chi devo filmare ponendosi lui in primo piano. L’insegnante Maria Miglio, che è anche la responsabile della scuola, ha previsto di dedicare la propria lezione di due ore alle parole italiane che si usano per indicare quello di cui si ha bisogno, a seconda degli articoli della spesa, allorchè si va a far le compere. L’interesse degli studenti è al massimo, perchè tutti si sentono toccati dall’argomento proposto e ne avvertono l’utilità pratica. E allora eccoli tutti chini sui fogli grandi in cui devono scrivere i nomi italiani dei differenti prodotti della spesa. Lo sforzo di ognuno è palese e appunto commuove, non trattandosi più di allievi bambini, ma adulti che conoscono e affrontano le difficoltà della vita.

Mary invece porta all’asilo ogni giorno la sua bambina di quattro anni, lei lavora in una fabbrichetta in periferia collegata alla Fiat, che momentanemamente ha sospeso il lavoro, ma ha ora sofferto prima di tutto il problema della casa; le assistenti sociali non gliene hanno assegnata una perchè risulta proprietaria di un’auto, ma in realtà l’auto è vecchia, non vale niente, ha dieci anni di vita, obbietta lei...

Stella fa la parrucchiera in casa sua ma ha difficoltà a farsi filmare mentre esercita questo lavoro, perchè non è un lavoro regolare, lei non è in regola col pagamento delle tasse... Lei vorrebbe aprire un negozio di parrucchiera, un salone di bellezza, e forse è questo un suo sogno... ma non ha soldi, occorrono soldi; le piacerebbe anche aprire una tabaccheria, al suo paese è facile aprirne una, ma non in Italia, le spiegano... Anche un bar le piacerebbe avere, in Nigeria ce ne sono tanti, ma questo in Italia è ancora più difficile, le obbiettano gli specialisti che son venuti a Tampep per spiegare la situazione dei permessi che occorrono a chi vuole avviare un esercizio, un’attività...

In queste donne spicca la loro mancanza di contatti reali con il paese Italia, non hanno amici al di fuori di chi è loro connazionale, non capita loro mai di stare davvero con le Italiane, gli Italiani di origine, abitanti di Torino...

Collette la mediatrice culturale, Mary, Stella, Vivien nigeriane e la brasiliana che è la sola che non ha nome da altra lingua, ma non capisco bene dal nome che mi ha scritto come si chiami... Lei è la sola che sino ad oggi mi abbia parlato della sua città d’origine, Bahia, e del suo desiderio di un tempo di diventare attrice di teatro, quando era ragazza... Stando alle poche parole che vogliono-possono pronunciare ora, le giovani donne nigeriane paiono a me in questo momento come senza passato, senza soprattutto quei sogni che accompagnavano il loro passato, è indubbio che li avevano, ma loro non possono, non vogliono parlarne...

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